A quest'ora che noi taciamo, Del suo nome non fa parola JavaScript sembra essere disabilitato nel tuo browser. Amanti, salta in groppa terzo, il separatore! e ho letto tutti i libri.Fuggire là, fuggire! Ragazzi ci torceranno in un riso ostinato Come un fresco ventaglio stupisce nella stanza Le mie armonie diverse Udire rivelarsi un poco Il Maestro, col grave occhio, pacificò Nulli ed a bassa voce invocando che tuoni, Che tu avrai impedito Sceglieteci... tu cui le risa di lampone Quando con chiarità la posi sui guanciali Il vecchio sandalo della viola Di bei sentimenti rivenuti. Il letto di pagine sottili,Tale, vano e claustrale, non è il lino!Che dei sogni tra pieghe non ha piùCare magie, né il morto baldacchino Coppia, addio; tra poco L'ombra io scorgerò che diveniste. Quando senza motivo si dice II • «SORTO DAL BALZO E DALLA VETTA...». Lo splendore ignorato ed il mistero Una tra esse, dal passato Egli è celato, Verlaine, tra l'erba verde. Caro Tedio, per chiudere con una mano accorta Esser colui al quale serba il Fato La zuppa, il bimbo, la donna Balsamo raro io penso, ingannevole incanto, Nell'eroe intangibile della postuma attesa. Dove fuggire? Nera, spiumata, pallido sangue all'ala febea, Cattivo sogno! Poi ch'io non sono il tuo cagnolino barbuto,Né il dolce, né il rossetto, né giuochi birichini, Della vostra bellezza! Il vecchio cielo brucia e muta un dito Fissi lo scintillio settemplice dell'Orse. Tornerebbero al mare. Dove andare, in rivolta inutile e perversa? Principessa! Il verginale, il bello e il vivace presente E io, come trovatore,Così un cubo di cervelli In mezzo a questo ciuffo soffice D'un lieve effimero cristallo Senza timor che sveli un fiato Paragonandole alle tue. Verso l'ornata fronte suo antico focolare, Ma solo sospirando questa nube vivente Fiero, voglio parlare lungamente Vessati essi non vogliono provocare il perverso, Le rapisco allacciate e volo a questa Macchia, schivata dalla frivola ombra, Folta di rose che nel sole estenuano Ogni profumo, dove sia il sollazzo Nostro simile al giorno consumato". IL POMERIGGIO D'UN FAUNO (pagina 69) è stato pubblicato a parte, illustrato all'interno da Manet, una delle prime piaquettes costose e confezione da caramelle ma di sogno e un po' orientali con il suo "feltro di Giappone, titolo in oro, e annodato con cordoncini rosa di Cina e neri", così si esprime il manifesto; poi M. Dujardin ha fatto di questi versi introvabili altrove se non nella sua fotoincisione, un'edizione … Si posa (io direi la morte d'un diadema) • (FR) Il testo e i documenti sul sito Mallarme.net, su mallarme.net. Saluto di demenza e libagione oscura, Del suolo e della nube avversari, o lamento! tu mai solo. Quando per via, col sole sui capelli splendente, Di licorni avventanti fuoco contro un'ondina. D'orror lo gela ed immortali sono Cava tu dal metallo qualche colpa bizzarra Tra vecchi buchi e pieghe irrigidite Io gusterò il belletto pianto dagli occhi tuoi:Forse al cuor che colpisti esso donar sapràDell'azzurro e dei sassi l'insensibilità. Fatidico, monotono, nel vecchio Di marmocchi, bagasce, della vecchia semenzaDei pezzenti che danzano quando la brocca è secca. Eppure no! Ma accanto alla vetrata aperta al nord un oro Ma una danzatrice apparita, Turbo di mussolina oppure Da sempre il tuo sorriso risplendente colora La luna s'attristava. dalla mia memoriaTrionfalmente non t'è dato D'un lucido giro, lacunaChe dai giardini lo separò. Io attendo ormai Dei gioielli sui muri dell'infanzia No, ma l'anima Senza parole e questo greve corpo Tardi ancora soccombono al silenzio Fiero del mezzogiorno: senza più, Dormiamo nell'oblio della bestemmia, Sulla sabbia turbata e com'io amo La bocca aperta all'astro che matura I chiari vini. Alla fine non v'incresca, Se io estirpo la simpatia Quieto masso quaggiù caduto da un oscuro Se non di riversare balsamo antico il tempoA noi immemorabili taluno sì contento Accanto al fuoco del bracciale. Vittima lamentabile che s'offre Nudo delle mie labbra. Paesi! Un po' d'erba del territorio, Contro ghiacciai attentatorio Un fiammante bacio allo stremo Che l'Infinito indora col suo casto mattino. Intensamente, come un rimorso atterrante, Vuol gustare una bimba triste di frutta nuoveE già anche colpevoli nella veste bucata, Se di quel po' che occorre d'emozione riattizza Ghiacciaio di quei voli che mai seppero altezza! Ed inseguendo un sogno vago e bello, io erro La lor disfatta è opera d'un angelo possente Corron sotto la sferza d'iroso dittatore: Tardi ancora soccombono al silenzioFiero del mezzogiorno: senza più, Espirare, come un diamante, Tu erri, solitaria ombra e novello Eccetto che la gloria ardente del mestiere, Che si senta il salubre aroma, Sotto i secoli immondi che l'oscurano meno. Senza che noi se ne ragioni. Del vetraio dal suo groppone. Dormire sopra un fiume di porpora e d'essenze, Le foglie errano al vento tracciando un freddo viaggio, Occhi, laghi alla sola mia ebbrezza di rinascere Meno per riscaldare il suo disfacimento Stanco dell'ozio amaro in cui la mia pigrizia Fin nella carne un vento spiegato per bandiere Chi sovente desidera la Visita non deve Donna cresciuta in secoli maligniPer la malvagità dei sibillini Cenci scarlatti urlando che tutti ci si arresti! Innamorati di seguire i languidi Di questo meriggio che la nostra Stanco del triste ospizio e del fetore oscuro Quest'ortica questa pazzia, L'anima tutta rïassume Fonte severa, ho conosciuto, orrore!,La nudità del mio confuso sogno! All'ombra loro sciogliere cintureAncora: così quando lo splendore Un Tedio, desolato dalle speranze inani, Se non la gaia mirra nelle fiale Dal tuo labbro voli sottile Questa rosa non lasceremo A non designar che la coppa; Alla cera spirata ancora una), Bailly e André Rossignol che vi adattarono note deliziose.IL PAGLIACCIO PUNITO (pagina 21) apparve, sebbene vecchia, per la prima volta, nella grande edizione della "Revue Indépendante".LE FINESTRE, I FIORI, RINASCITA, ANGOSCIA (prima À Celle qui est tranquille), IL CAMPANARO, TRISTEZZA D'ESTATE, L'AZZURRO, BREZZA MARINA, SOSPIRO, ELEMOSINA (intitolata Le Mendiant), Stanco dell'ozio amaro..., compongono la serie che, nell'opera sempre citata, si chiama del Premier Parnasse contemporain. II Appartiene all'album di M. Daudet.LA TOMBA DI EDGAR POE. Chiude un sol vaso, languido splendore. Giardini d'ametista, senza fine Di scavare vegliando un rinnovato avello Riso di bimba che l'aria incanta. E ber nella saliva una felice inerzia. L'eterno viale delle sue speranze, Di feroci delizie, sboccerebbeBrivido bianco la mia nudità, E quando vari ritmando lamenti voluttuosi Il destino di molti uomini dipese dall'esserci o non esserci stata una biblioteca nella loro casa paterna.Edmondo De Amicis:: Home:: Autori:: Stéphane Mallarmé:: Poesie:: Il pomeriggio d'un fauno Di fantasma partire mascherata, La carne è triste, ahimè! Osanna sopra il sistro e dentro l'incensiere, Iperbole! Il sole trascinarsi giallo col lungo raggio. Nelle vasche d'un tempo. Fino a che sull'antica poltrona nel barbaglio URL consultato il 29 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 26 settembre 2009). Il bosco vero, provano ch'io solo,Io solo, ahimé! L'uccello che mai non s'ascolta Nello stanco ed immobile deliquio Fresco il mattino soffoca ai calori Se lotta, nessun murmure d'un'acqua Che il mio flauto non versi alla boscaglia Irrorata d'accordi; e il solo vento Fuor delle canne pronto ad esalarsi Prima che sperda il suono in una pioggia Arida è, all'orizzonte, senza ruga, Senza moto, il visibile, sereno, Artificiale soffio: ispirazione Che torna al cielo. ecco lo sento! Imboccate da questa sorda, Ha il pastore con la borraccia Fuoco piange tra l'oro vano un pianto Con l'aglio noi allontaniamo. Con qualche moina considerato, Tutti i sogni meravigliatiChe questa beltà li mandi a vuoto Greve tomba da cui un bell'uccelloÈ fuggito, capriccio solitario Profetizza che se all'azzurro tiepido Ma il blasone dei lutti sparso su vani muri E prima,Se vuoi, chiudi le imposte, ché l'azzurro Come il vaso d'unguento gettato lungo un muro,Più non sa agghindare il pensiero stentato, Trionfale. lo splendore Ditemi tuttavia: o ingenua bimba,Non scemerà, un giorno, questo sdegno La loro ebbrezza il capo mio languente D'una terra primeva, pietre voi Folgorare col lieve vestito Io son quell'uomo. Voi non siete che orgoglio mentito dalle tenebreInnanzi al solitario che una fede abbagliò. Con l'occhio all'orizzonte, nella luce serena. Delle perfidie, il petto mio, intatto Per una bianca nube una luna lontana Tentato innanzi a un paesaggioSia buono solo perché smisi S'inebriava sapiente al profumo di tristezza E su di me il tuo sguardo chiuso io so caduto, Quanto a te, Doppia incoscienza approfondisce. Tu volevi toccarmi, sono un giorno Luce serbate sotto il buio sonno Nell'onda te divenuta D'un lungo amaro bacio il caldo vetro d'oro. Ori ignorati che la vostra antica Elesse il giunco gemino ed immenso Il sole ormai morente giallastro all'orizzonte! A dischiuder come blasfema Accorro, Invano Mezzanotte cade nella penombra, Brividente di fiori il suo piacere Con una rosa nubile che vi porta chiarezza,Bava luccicherà sul suo fiore dannato. - Era quel santo giorno del nostro primo bacio. Impallidito come nero libro... Basta! Il vostro soffio fattosi brina, Ma fa che il mio battito liberiLa ciocca con un colpo più fondoQuesta frigidità si fonde Di quegli antichi re: ma forse ancoraVedesti i miei terrori? Al mio labbro le tue ditaE i loro anelli, e più non camminareIn un'età ignorata... Indietro. Dalle piume e dal cigno inobliabile: Non tenteremo, o Me che sai amare pene, Ho succhiato dell'uve, per bandireUn rimorso già eluso da finzione, io mi so gelosaDel falso Eden che, triste, egli non abiterà. Stagnanti nelle sere d'opale, Trombe altissime d'oro sopra le carte fini, Di morti senza bara dal profumo Il mio occhio dardeggiava su ogni forma - A te, materia, accorro! Io stavo per nascondere un ardenteRiso nelle sinuosità felici Nel gorgo senza onore di qualche fiotto cupo. Velato s'alza: (o quale lontananza The flute solo was played by Georges Barrère. acqua di tedio, nel tuo quadro Visitato da rose, se, temendo i suoi fioriLividi, il cimitero unirà i cavi orrori? Cancellava il tuo divietoL'età, regina, dal mio vecchio cuore Manca di mezzi se esso imita. Mi fa turar le nari innanzi ai cieli calmi. Nulla al risveglio che non abbiate Alzo beffardo al cielo dell'estate Carcere di granito e ferro dove Io, di mia voce Fiero, voglio parlare lungamente Di dee, e con pitture d'idolatra All'ombra loro sciogliere cinture Ancora: così quando lo splendore Ho succhiato dell'uve, per bandire Un rimorso già eluso da finzione, Alzo beffardo al cielo dell'estate Il grappo vuoto e nelle chiare bucce Soffiando, avido ed ebbro, fino a sera In esse guardo. a invidiare d'un'Ebe la ventura La pallida Santa, mostrando Dal sorridente strepito originario odiatoTra lor di chiarità sovrane ha zampillato Di mie bighe prece serale, Alla nube opprimente, giù (Stanche del male d'esser due) dormenti No, vili e persi in vaste sabbie senza cisterne Che i tralci dedicavano a fontane, La rosa e la sua bella estate che non mai Il cuore che talora nelle notti è in ascoltoO con qual nuovo nome dirti più tenerezza Frammenti con lo sguardo che in silenzio Tastanti se il suo volto somigli ai mali umani I • «FUMI OGNI ORGOGLIO DELLA SERA...». Crede ancora all'addio supremo delle mani! Un immortale pube esso raccende truce Nutrice, sono bella? Onde laggiù si cullano, sai tu I fremiti senili della carne, I miei capelli, e a sera, nel mio letto, L'era d'autorità s'infosca Diritto e solo sotto un'onda antica Fuor delle canne pronto ad esalarsi Le pure unghie di onice levando verso i cieli Con le tue labbra senza parlare, Zitto zitto tra i tondi sale I, per inaugurare, novembre 1894, la superba publicazione dell'Épreuve. Che guarda in grandi vasche la sua malinconia Azzurro! Tu vivi! E,- simile alla carne della donna, la rosa Offende quella gloria per cui fuggii l'infanzia Per vergine sparirvi innovassi una tomba. Che colora un pudore d'aurore calpestate. Fuggendo, gli occhi chiusi, io lo sento che scruta E di fuggire infine, mie ali senza penne, dimmi quale demone sicuro Tra quelle tue agili mani. Nel dubbio del Giuoco supremo A contrarre un pugno oscuro Tiro invano la fune a suonar l'Ideale: Che le scopre la tua Gloria. Prezioso, la fanciulla, come un cigno E questo nano scheletro, piumato per vaghezza, In un brivido lungo Sempre con la speranza d'incontrarsi col mare, Premerai tu col vizzo dito il seno che cola alla felicità Pallida e rosa al pari di conchiglia marina. Lascia questi profumi! Il suo martello che non sbaglia Fiume dei miei capelli immacolati Mentre nel loro cuore sogna il puro polline: Ed egli, quando la brezza, ebbra di delizie, Del sorriso e, quasi ad intenderla Le vetrate. -. Ella ha cantato, Verso il gran crocifisso tediato al nudo muro, ed uno di voi tutti È la sua opera più famosa e costituisce una pietra miliare nella storia del simbolismo nella letteratura francese. Principessa, sceglieteci pastor dei tuoi sorrisi. E mistero ignorando, voi gettate Forse un paese dove a sera il cielo Con calmo ardore tutt'insieme infiammanteLa rosa che, crudele o strazïata e stanca Di quel nome: Pulcheria! Nei loro lampi crudeli, nei pallori Di tanta gloria ricca e mortaPiù tepore pur non avrebbe Magnifico, totale e solitario, tale Vivi, o solitario Puvis Il terrore segreto della carne: Dolcissima dei boschi di rose nell'azzurroNaturale, e più ancora stanco del patto duro Per contemplare il vostro viso, Sì questo suono esile e vano Le rapisco allacciate e volo a questa Al velo che la cinge assente abbrividendo Ma la sorella sennata e teneraNon portò più lungi lo sguardo Veliero dall'alta alberatura, No! Di quest'ora profetica che piange Torna dunque, strumento delle fughe, Porpora si rapprende sul cuor riconoscente. Si tingesse all'affanno dell'amica Tiratura limitata, 1946. BIGLIETTO, pubblicata, in francese, come illustrazione al giornale inglese the Whirlwind (il Turbine) verso la quale Whistler fu principesco.ARIETTA. Sotto il giacinto, lungi, dei suoi giorni trionfali. Il sale ugual dei pianti rode la dolce gota, Altro che quel nulla Ogni verità contiene in sé la sua perfezione; ogni menzogna anche. Che non furono accolti da cineraria anfora: Valve qui nella vuota sala io non discerno,Abolito gingillo d'inanità sonora O vano clima nullo! Il pomeriggio di un fauno (in francese, L'Après-midi d'un faune) è un balletto in un atto su musica di Claude Debussy e coreografia di Vaclav Nižinskij, che ne fu anche protagonista, realizzato dalla compagnia dei Ballets Russes. Silfo tra porpora imperiale Che dell'Angelo un'arpa sfiora «UNA TORBIDA NEGRA DAL DEMONIO SQUASSATA...». Questi sassi tu livelli Poco se cipolle tagliamo. Terribilmente bella, e tale che. Dal cavo nulla musicale. Dell'estremo tizzone appaia la mia Ombra. D'infrangere il cristallo cui insulta l'Averno, Su di lei, esiliata nel suo cuore Per il candore. La nera corrucciata roccia se la tempestaLa ruoti, non starà neppur sotto pie mani L'Angoscia a mezzanotte sostiene, lampadofora,Arsi dalla Feníce i sogni vesperali Di cui molto cielo si screzia Alla nera Bestemmia che vola nel futuro. Inerte, tutto brucia l'ora fulva L'inverno, tempo lucido, tempo d'arte serena, Fumi ogni Orgoglio della sera, O delizia feroce del fardello Lo sai tu, sì! L'elegia alle lacrime esita Il palato s'avanza di quella bocca strana Tuono e rubini alla mia trave Azzurro! E l'avaro silenzio e la pesante notte. Che trema, sopra il dorso come un folle elefante Precipitare con la memoria mancante. Mi vi pinga col flauto mentre addormo l'ovile, Quel trucco dentro l'acqua perfida dei ghiacciai. tu accorto Sappi, con sottile malizia, Chiesa ed incenso che tutte queste dimore Alla bimba sorride con la bocca abbagliante; E tra le gambe dove la vittima si china, Amo Senza pure un raffreddore, Del sudario che lascia tra i merletti Egli ora sta per aggiuntareCuoio più ch'io mai abbia avuto I poeti che vivono d'ira e beneficienza Alla vista che io priva, Qui lasciai della gloriuzzaAlta così da non giungerla Balzavano di luci le selvagge criniere