Infatti, l'autore sostiene che l'obiettivo di questi scrittori era quello di ridurre il potere discrezionale dei giudici nell'applicazione delle leggi; in particolare, essi si lamentavano per l'eccessiva crudeltà utilizzata nella tortura e per la facilità con cui i rei venivano torturati, pur trattando minuziosamente delle varie tipologie di tormenti (spesso con molta tranquillità), del numero delle volte che gli spasimi potevano essere ripetuti e della durata dei tormenti stessi. Ricostruisci i tempi dell’ìnquisizione (Teo). In occasione delle torture i giudici forzarono l’interpretazione della legge, perchè la questione non era ben definita e hanno sfruttato ciò per torturare, ottenere confessioni e compiacere il popolo. Il primo scrittore che trattò del processo della Colonna Infame fu il Ripamonti. Fu torturato, nominò altri e ritrattò in cappella e sul patibolo. Disse poi un nome reale, Giulio Sanguinetti, banchiere. Piazza ritrattò, dicendo che aveva ricevuto denari da un banchiere; tuttavia non sapeva chi avesse nominato Piazza e nominò Girolamo Turcone. Interrogarono e torturarono nuovamente Piazza, che confessò ma dovette ripetere la confessione anche non torturato. Per rendere più legale questa offerta, si fece riferimento a una grida del 18 Maggio, che prometteva impunità a chiunque avesse rivelato informazioni sulle unzioni. L’unica citazione poetica è del Parini, che sostiene ancora una volta la sentenza dei giudici, scagliandosi contro gli untori. Capitolo III-Interrogatorio e accordo Piazza; accusa a Mora. Capitolo VI-Processo a Baruello e Padilla. Ma l'avvenimento che piu' insospettì fu il fatto che fu trovata tra le carte del barbiere una ricetta, della quale questo fu chiamato a spiegarne il contenuto. Per cagione si intende la motivazione che sarebbe stata causa del delitto confessato dall'imputato sotto tortura. Sotto tortura il Baruello non confessa, ma dietro promessa di impunità, l’11 Settembre 1630 inventa una storia in accordo con quella del Piazza. (Eran gentiluomini eletti in ciascheduna di queste dal tribunale della Sanità, per invigilare, girando per la città, sull’esecuzion de’ suoi ordini.) Narra la deposizione delle donne (Costa): La prima donna chiamata a testimoniare è Caterina Rosa: racconta di aver visto dalla finestra di un cavalcavia un uomo che camminava lungo via della Vetra de’ Cittadini, vestito di una cappa nera e di un cappello che gli copriva gli occhi. Capitolo 6, pp. 20130906221523. Le condanne rimasero, tuttavia la colonna infame fu demolita nel 1778 e nel 1803 si costruì una casa in quello spazio, demolendo il cavalcavia dal quale Caterina Rosa aveva visto il fatto. O se ne chiese, sarebbe peggio ancora il non averne fatto menzione nel processo. * ˆ ˜ ˘ ˘ i 1 7 ˇˇ ˜ ˘˙ ˆ ˇ ˙ ˘ -˘ ˘ ˘ ˘˘ ˘ 6˙ ˆˇ ˜ ˆ ˘ ˘ ˆ ˘ ! Et io dissi a questo tale, segue a deporre la Caterina, è che ho visto colui a fare certi atti, che non mi piaccino niente. Era già stato dato l’ordine d’arrestare il Piazza, e ci volle poco. Il padre Girolamo venne interrogato l’11 agosto e il giorno dopo confessò, alterando una storia vera: accusò il Baruello di avergli dato un unguento pestilenziale, che in realtà era un sonnifero. Associano alla crudeltà l’idea di ignoranza e invitano alla moderazione e alla benignità. Chi altri fu denunciato dal Mora? Il momento in cui scrive non è quello più adatto a farne la storia in modo imparziale, dato che si sta sovvertendo un sistema. E anche a loro fu detto da diversi che si sono [p. 763 modifica]trovati ivi, che ciò era stato fatto per averli veduti unti; come anco dal detto Signor Capitano, et da me notaro, scrive costui, si sono visti ne’ luoghi abbrugiati alcuni segni di materia ontuosa tirante al giallo, sparsavi come con le deta. Il Padilla venne condotto a Milano il 10 Gennaio 1631, venne interrogato per due volte in Gennaio, e poi un ultima volta il 22 Maggio, in tutti gli interrogatori egli affermò la sua estraneità ai fatti, e venne assolto “non si sa quando per l’appunto, ma sicuramente più di un anno dopo poiché le sue ultime difese furono presentate nel maggio 1632”. Tra i fatti della giornata antecedente, de’ quali aveva parlato il Piazza, c’era d’essersi trovato coi deputati d’una parrocchia. C'era con lui un suo figliuolo; e l'auditore ordinò che fossero arrestati tutt'e due. Torturarono Piazza la prima volta nonostante il diritto romano dicesse che non era possibile cominciare dalla tortura e se ciò fosse concesso, sarebbe stato solo in conseguenza di indizi verosimili e chiari. In quanto contemporaneo alla vicenda gli fu chiaro da che parte stava la verità, ma sempre in quanto tale non poté sostenere apertamente la sua opinione, cosa che l’avrebbe portato allo scontro con l’idea dominante del popolo, appoggiata dai potenti e alla condanna del libro. Piazza poi ritratta: conosceva Mora, gli aveva dato l’unguento e sapeva che era mortale, con lui c’erano altre persone di cui non ricordava il nome. Storia della colonna infame. I giudici trovavano inverosimile che Mora avesse agito solo per interesse. E con queste parole, già piene d’una deplorabile certezza, e passate senza correzione dalla bocca del popolo in quella de’ magistrati, s’apre il processo. I giudici condannarono degli innocenti ma, anche crdendo alle unzioni e con una legislazione che permetteva la tortura, avrebbero potuto riconoscerli innocenti; anzi, hanno dovuto ricorrere a improbabili esperienti per riconoscerli colpevoli. Le difese del Padilla furono presentate in tre volte, tra 1631 e 1632; il suo processo infatti durò 2 anni. Si sosteneva che non ci fosse traccia nelle leggi di indicazioni su chi potesse essere torturato, ma c’era nelle leggi romane. Padilla fu assolto più di un anno dopo, dato che le sue ultime difese erano del maggio 1632. Alla domanda dei giudici sul perchè non avesse confessato prima, Piazza rispose che era a causa dell’acqua datagli da Mora, che gli provocava troppe sofferenze. (Re). Lo stesso giorno 22, referisce... fante della compagnia del Baricello di Campagna al prefato Signor Capitano, il quale ancora era in carrozza, che andaua verso casa sua, sicome passando dalla casa del Signor Senatore Monti Presidente della Sanità, ha ritrouato auanti a quella porta, il suddetto Guglielmo Commissario, et hauerlo, in esecuzione dell’ordine datogli, condotto in prigione. CAPITOLO II.....39 CAPITOLO III ... 6 Storia della Colonna Infame I TEMI 1. Capitolo 7: Tra i molti scrittori contemporanei all'avvenimento, scegliamo il solo che non sia oscuro, e che non n'abbia parlato a seconda affatto della credenza comune, Giuseppe Ripamonti, già tante volte citato. Nè anche questo non gli giovò punto, come pur troppo si vede dal primo esame che gli fu fatto, il giorno medesimo, dal capitano di giustizia, con l’assistenza d’un auditore, probabilmente quello del tribunale della Sanità. Il servitore aveva parlato con Mora, che gli aveva detto che non aveva mai parlato con uno spagnolo e che non avrebbe riconosciuto Padilla se l’avesse visto; aveva sentito il suo nome e l’aveva ripetuto. Uno di questi discorsi fu riferito al senato, che ordinò al capitano di giustizia, d’andar subito a prendere informazioni, e di procedere secondo il caso. La notizia si sparse via via negli altri quartieri, e ci fu anche portata da qualcheduno che s’era abbattuto a passar di lì nel momento del sottosopra. Quali scrittori o storici trattarono della vicenda narrata? Storia della colonna infame: Alessandro Manzoni: CAPITOLO QUINTO . Padilla venne processato come capo dell’operazione ma alla fine assolto. La signora Ottavia Bono l’aveva visto da quando era entrato nella strada, ma non l’aveva visto toccare muri, sembrava scrivesse. Dopo 3 mesi di ricerche, il senato gli pubblicò il processo e gli diede un termine per le difese, accusandolo. Essa era fondamentale alla validità della confessione in quanto valeva il principio che "nessuno commette un delitto senza cagione"; di conseguenza nessuna confessione pronunciata sotto tortura aveva valore "se non c'era espressa la cagione del delitto". Chiesero a Piazza se Mora gli avesse chiesto della bava di appestati per l’unguento; inizialmente negò, tuttavia gli tolsero l’impunità perchè non aveva detto completamente la verità; ritrattò con la speranza di riottenere l’impunità. Leonardo Sciascia ha scritto: “al romanzo bisogna tornare dopo aver letto l’appendice”: la cronaca dolorosa e devastante, dentro la quale fra Cistoforo lancia, dal capitolo … Interrogato di più, se passando lui per la Vedra de’ Cittadini, vidde le muraglie imbrattate, risponde: non li feci fantasia, perchè fin’all’hora non si era detto cosa alcuna. Bisognava chiedergli di ritrattare o essere torturato: se avesse scelto la tortura l’accusa era vera e l’infamia tolta. (Calle). Viddi, dice, che si fermò qui in fine della muraglia del giardino della casa delli Crivelli.... et viddi che costui haueua una carta in mano, sopra la quale misse la mano dritta, che mi pareua che volesse scriuere; et poi viddi che, leuata la mano dalla carta, la fregò sopra la muraglia del detto giardino, doue era un poco di bianco. Per quanto riguarda le fonti, Manzoni ci informa che gli scritti da cui ha attinto più dati sulla vicenda sono lo scritto di Verri e degli scritti originali sul processo usati da uno degli accusati di alto rango, don Giovanni Padilla, per propagandare la propria innocenza riguardo l’ accaduto. Biblioteca Telematica. Verri sosteneva che nelle leggi non c’era traccia della tortura, quando invece nel passato c’era stata e già molti prima di lui si erano opposti, invitando anche i giudici a non inventare nuove torture; nessuna critica invece è stata mossa per essere stati troppo teneri con un condannato. Fornisci dettagliatamente almeno due circostanze in cui i giudici forzarono l’interpretazione della legge (Ciano). Storia della colonna infame Era stato assolto il presunto capo, mentre i presunti complici erano stati condannati: assolvendo il capo hanno praticamente ammesso di aver ucciso degli innocenti. Mora affermò che anche Piazza aveva ricevuto denaro, ma non sapeva da chi. A seguito della deposizione del Piazza, il Mora fu raggiunto presso la sua bottega, che fu minuziosamente ispezionata; vennero trovati due elementi sospetti: due vasi ripieni di feci (mentre l'abitazione era provvista del canale di scolo) e un recipiente contenente acqua torbida sul cui fondo era depositata una sostanza viscida, gialla e bianca. Venne trovato in carcere per furto un tale Pietro Verdeno nativo si Saragozza; torturato, sostenne che in quel periodo era a Napoli e venne rilasciato. Su quali basi venne autorizzata la tortura del Piazza? L'auditore corse, con la sbirraglia, alla casa del Mora, e lo trovarono in bottega. Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785. $ 6 ˛˛ ˇ ˝ ˘ ˘ 4 ˚˘ % ˇ 0 ˙ˆ ˘ ˇ ˛˛ ˘ ˘ ’ ˚ˆ ˘ ˆ ˝ ( h, 8! Come viene coinvolto? Per citarne un esempio anch’esso non lontano, anteriore di poco al colera; quando gl’incendi eran divenuti così frequenti nella Normandia, cosa ci voleva perchè un uomo ne fosse subito subito creduto autore da una moltitudine? Alessandro Manzoni - Storia della colonna infame (1840) Capitolo primo. Accusò anche altri complici e nominò come capo Padilla. Avevano per un indizio di reità la fuga dell’imputato; che di lì non fossero condotti a intendere che il non fuggire, e un tal non fuggire, doveva essere indizio del contrario! (Bona). Romanzi, Storia della colonna infame Fu subito visitata la casa del Piazza, frugato per tutto, in omnibus arcis, capsis, scriniis, cancellis, sublectis, per veder se c’eran vasi d’unzioni, o danari, e non si trovò nulla: nihil penitus compertum fuit. Nelle riforme che avvengono per gradi, i primi che modificano pensano di fare una grande cosa, mentre chi viene dopo accusa gli autori, trovando la legge ancora cattiva. Molto più che della storia del processo, si sono trovate raccolte di opinioni sul processo stesso, di persone che però non si erano adeguatamente informate. L’accusa di Piazza è stata fatta in seguito a una promessa di impunità, fatto che la rendeva nulla. Dato che non si poteva torturarlo ulteriormente, l’auditore fiscale della Sanità, dietro ordine del Senato, offrì l’impunità, a costo che dicesse la verità. Avuto notizia degli sviluppi, Piazza disse di aver sentito di altri complici: Baldassarre Litta e Stefano Buzzio, che erano stati nella casa di Mora. storia della colonna infame riassunto introduzione si apre con polemica contro giudici che hanno ritenuto di condannare ingiustamente degli innocenti di ergere Mora conferma l’esistenza di questa persona, ma non dice chi sia. Capitolo I-Descrizione “crimine” e arresto Piazza. La signora Caterina diffuse la notizia della presenza di un untore, tutti uscirono e videro una sostanza grassa giallastra sui muri, in particolare sulla porta del Tradate. 6 settembre 2013 Interpretando gli uomini tendono a consigliare cose più inique di quelle che può consigliare l’arbitrio; la molteplicità e lo sminuzzamento delle regole è indizio dell’intenzione di restingere l’arbitrio e guidarlo secondo la ragione e verso la giustizia. Esaminarono la scena e parlarono con le persone. Pertanto, pur lodando gli intenti e le tesi dell’illuminista lombardo, ritiene di dover analizzare le modalità di svolgimento di processo non per dimostrare soltanto che la tortura fosse un male dovuto all’ignoranza di quel contesto storico, ma per evidenziare come fosse una scelta consapevole e terribile e di come la giurisprudenza stessa le avesse posto dei vincoli che non furono rispettati nel processo. All’inizio del processo si trovava in Monferrato con l’esercito, essendo capitano di cavalleria, e quando venne accusato dal Piazza e dal Mora fu costretto a costituirsi il 23 di luglio al castello di Pomate per essere poi portato a Milano il 10 Gennaio 1631. Che cosa accadde dei principali accusati? Durante la perquisizione due cose insospettirono gli inquirenti: un vaso pieno di sterco trovato in una stanzina dietro la bottega dove il mora viveva isolato dalla famiglia e un fornello con dentro una sostanza giallastra e appiccicosa. Secondo la legge romana non si poteva iniziare dalla tortura, e concedere di torturare senza validi indizi era la stessa cosa. ( I video di yesmilano.com 12 ) storia della colonna infame, piazza Vetra ed il patibolo - Duration: 10:37. Manzoni ritiene che Pietro Verri sia caduto in questo errore, enfatizzando l’iniquità delle leggi e la colpa degli autori, vedendo però a posteriori gli avvenimenti nel complesso. Suo padre chiese che venisse sospesa la sentenza a Piazza e Mora, ma i giudici negarono perchè era ciò che voleva il popolo. I giudici di questo erano meno convinti. La Colonna Infame La storia della colonna infame può essere considerata come un’appendice dei promessi sposi, poiché è un episodio estrapolato dal grande romanzo. La sentenza venne eseguita il 1 agosto. Una prima macrosequenza potrebbe coprire i capitoli I, II, III in cui si narra dell’arresto del Piazza (avvenuto il 22 Giugno 1630), di come lo torturarono e di come lui, dopo la promessa di impunità accusò il Mora, che venne arrestato il 26 Giugno. Prima vengono tormentati con tenaglie roventi, poi, davanti alla bottega del Mora, viene loro amputata la mano destra. Tuttavia l’ingiustizia poteva essere vista da chi la commetteva e se si sono comportati in questo modo è stata per loro decisione. Chiesero poi a Mora chi fosse la persona grande; riuscirono a fargli dire il nome dopo un confronto col Piazza, portandolo a dire ciò che volevano. Dopo le confessioni il Senato milanese li condanna a morte: i due untori rei confessi, legati schiena a schiena, vengono caricati su un carro, attorniato da una folla inferocita. Piazza venne torturato di nuovo il 23 Giugno per ordine del Senato con la legatura del canapo (mani tirate su con una corda e sei appeso, si slogano spalle e polsi): la legge non venne applicata a torto, venne proprio ignorata. Anche Gaspare Maglaivacca venne torturato, ma come un martire non calunniò nè se stesso nè altri. Li pongono allora a confronto, facendo in modo che con questo pretesto il Mora venisse a conoscenza di quello che avrebbe dovuto confessare. Davanti a Mora, Piazza lo accusò. Anche ai giudici parve strana la relazione tra il barbiere e il commissario spagnolo, così chiedero a Mora chi fosse l’intermediario: nominò Don Pietro di Saragozza, almeno questo personaggio inventato. Tuttavia Manzoni ritiene che non ponga abbastanza l’accento sulla malafede dei giudici e che esageri a colpevolizzare gli interpreti della legge. Mora inizialmente aveva confermato l’esistenza di una persona che gli aveva dato i soldi, tuttavia ha nominato Padilla solo dopo un confronto con Piazza, in cui gli è stato fatto capire cosa si voleva che dicesse. Questo testo è stato riletto e controllato. Andava rasente al muro perchè pioveva, ma la signora Caterina riteneva che avesse scelto un giorno di pioggia per diffondere di più il morbo. Quel sospetto e quella esasperazion medesima nascono ugualmente all’occasion di mali che possono esser benissimo, e sono in effetto, qualche volta, cagionati da malizia umana; e il sospetto e l’esasperazione, quando non sian frenati dalla ragione e dalla carità, hanno la trista virtù di far prender per colpevoli degli sventurati, sui più vani indizi e sulle più avventate affermazioni. Sign in|Recent Site Activity|Report Abuse|Print Page|Powered By Google Sites, 13-5 Aggiornamento programmi italiano e latino. Il 30 Giugno, il Mora venne torturato, confessò il delitto di cui veniva accusato e confermò l’identità dei complici che il Piazza aveva indicato. Nelle Nuove Costituzioni promulgate per ordine di Carlo V la tortura non è neanche nominata; in altri atti legislativi è intimata come pena, non come mezzo per ottenere prove. Piazza si deve considerare colpevole perchè, nonostante fosse innocente per le unzioni, aveva calunniato e accusato un altro innocente, condannandolo ad altre sofferenze. Non aveva unto Mora stesso perchè era a conoscenza dei rischi, infatti il giorno dopo aveva fornito a Piazza dell’acqua contro l’azione dell’unguento pestilenziale. In un punto arriva anche a lamentarsi della sua condizione, per cui non gli è possibile esprimersi liberamente. ), che non sapevano chi dei due fosse il vero colpevole. E, cose che in un romanzo sarebbero tacciate d’inverisimili, ma che pur troppo l’accecamento della passione basta a spiegare, non venne in mente nè all’una nè all’altra, che, descrivendo passo per passo, specialmente la prima, il giro che questo tale aveva fatto nella strada, non avevan però potuto dire che fosse entrato in quell’andito: non parve loro una gran cosa davvero, che costui, giacchè, per fare un lavoro simile, aveva voluto aspettare che fosse levato il sole, non ci andasse almeno guardingo, non desse almeno un’occhiata alle finestre; nè che tornasse tranquillamente indietro per la medesima strada, come se fosse usanza de’ malfattori di trattenersi più del bisogno nel luogo del delitto; nè che maneggiasse impunemente una materia che doveva uccider quelli che se ne imbrattassero i panni; nè troppe altre ugualmente strane inverisimiglianze. Proprio l’insistenza su questi termini (“non è verosimile”) serve ai giudici per cercare di costruire i presupposti legali e formali per applicare la tortura. Non esistono delle “prove schiaccianti” contro il Piazza tali da poter giustificare (se mai ciò sia possibile) la tortura ai suoi danni autorizzata dai giudici (ricordiamo che il Piazza è stato arrestato in seguito alle testimonianze di due donne, senza l’aggiunta di alcuna prova). Se non che, questa volta, le persone punto punto istruite, meno qualche eccezione, non parteciparono della sciagurata credenza, anzi la più parte fecero quel che potevano per combatterla; e non si sarebbe trovato nessun tribunale che stendesse la mano sopra imputati di quella sorte, quando non fosse stato per sottrarli al furore della moltitudine. Racconta che le sorse il sospetto che fosse un untore, e per controllarlo si spostò ad un’altra finestra dalla quale vide che effettivamente l’uomo stava toccando il muro. //it.wikisource.org/w/index.php?title=Storia_della_colonna_infame/Capitolo_I&oldid=- L'imputato affermava di aver avuto la "bava di morti" dal commissario perché più gente si ammalava più entrambi ci guadagnavano, uno nel suo posto di commissario, egli nella vendita del preservativo. Tuttavia la confessione non era valida se non era espressa la vera ragione del delitto. L’essere il primo che trovavan lì, o nelle vicinanze; l’essere sconosciuto, e non dar di sè un conto soddisfacente: cosa doppiamente difficile quando chi risponde è spaventato, e furiosi quelli che interrogano; l’essere indicato da una donna che poteva essere una Caterina Rosa, da un ragazzo che, preso in sospetto esso medesimo per uno strumento della malvagità altrui, e messo alle strette di dire chi l’avesse mandato a dar fuoco, diceva un nome a caso. Alla fine della strada si sfregò le dita contro il muro, probabilmente per pulirsi dall’inchiostro. Proprio perché non esistono basi attendibili per autorizzare la tortura, i giudici si concentrano sulle “inverosimiglianze” del suo interrogatorio: il Piazza afferma di non sapere degli imbrattamenti sulle muraglie delle case e di conoscere soltanto di vista dei deputati con cui si era trovato in una parrocchia (quest’ultimo fatto è ininfluente ai fini del processo). Trovarono inoltre un biglietto che il Mora impulsivamente stracciò. [p. 764 modifica]Per ispiegare come la sicurezza dello sventurato non diminuisse punto la preoccupazione de’ giudici, non basta certo l’ignoranza de’ tempi. A entrambi furono poi comunicati gli atti, gli vennero dati 2 giorni invece di 3 per presentare le difese e asseganti avvocati d’ufficio; quello di Mora si rifiutò perchè non aveva le qualità necessarie per farlo. Capitolo 3: E per venir finalmente all'applicazione, era insegnamento comune, e quasi universale de' dottori, che la bugia dell'accusato nel rispondere al giudice, fosse uno degl'indizi legittimi, come dicevano, alla tortura. Concepita come un capitolo digressivo del "Fermo e Lucia" (1821-23) la "Storia della Colonna Infame" uscì alle stampe solo nel 1842, in appendice all'edizione illustrata dei "Promessi Sposi": e il ventennio di incubazione attesta non solo lo scrupolo del Manzoni nell'ambito della documentazione storica, ma anche le sue angosciose perplessità di giudizio, affioranti dalle d .... Manzoni ritiene che questi privati e non legislatori, dopo aver attinto a varie leggi o all’idea universale di diritto, idearono una legislatura criminale, o aprirono la strada per questo. (Pave). Che ne dissero? Era inverosimile che Padilla, un comandante spagnolo, e Mora, un semplice barbiere, si conoscessero direttamente: intimato di indicare un intermediario, Mora nominò Don Pietro di Saragozza, personaggio di fantasia. Manzoni aveva inizialmente inserito la storia come episodio nella prima edizione dei Promessi Sposi (1827), tuttavia poi optò per un’opera a parte perchè sarebbe risultato troppo lungo come episodio. [p. 761 modifica]Ma pur troppo, in quel tumulto di chiacchiere, non andò persa una circostanza vera, che l’uomo era un commissario della Sanità; e, con quest’indizio, si trovò anche subito ch’era un Guglielmo Piazza, genero della comar Paola, la quale doveva essere una levatrice molto nota in que’ contorni.

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