E credo sia un effetto collaterale comprensibile, non nefasto, necessariamente da accettarsi. La parte cruciale della frase è la parola ちょうだい choudai, che in realtà è un sostantivo ed etimologicamente vuol dire “ricezione (di qualcosa)”; applicandogli il suffisso する -suru, il sostantivo choudai si converte nel verbo choudai suru “ricevere”. Allora, io ho ricevuto l’informazione circa l’origine di o-hayou dal prof. Taniguchi, lo storico creditato a inizio articolo, che mi ha dato una spiegazione troppo estesa per essere inclusa nell’articolo. Seita: Che succede? Sembra che la stia insultando? Sumanee è la versione dialettale popolana di sumimasen (“scusa”) pronunciata da un popolano: non esiste nessuna ragione valida per trasformarla nell’elegante «Perdonatemi», in cui addirittura si da del voi. Ecco il punto: Cannarsi inventa. Eccolo il concetto base. Perdersi una battuta, e quindi perdersi un pezzo di film, rischia alla lunga di far perdere il senso e anche l’interesse. e come cazzo parli?”, Un’altra edizione di Gualtiero: “a chiedermi cos’è, nel di noi caso affermo che come un parallelepipedo è la Terra”, Gualtiero sui forum: “inoltre geografia contiene la radice γῆ, quindi bisognerebbe chiamarla Gea anziché Terra, ah ma io non conosco il greco non sono un traduttore, io rispetto l’originale, la geografia è in quanto tale e non per essere commercializzata al pubblico, e non ascolto i professoroni della Crusca Geografica con la loro tracotanza accademica”, Persone ignoranti che si lasciano incantare dai discorsi di Shito: “come sei intellettuale, come sei colto, pendiamo dalle tue labbra! Chiunque abbia iniziato a seguirla su Netflix per la prima volta, è invitato a leggerne il contenuto solo a visione conclusa. Garantire un paritario accesso al media tra il pubblico originale dell’opera e il pubblico per cui traduci è e deve essere il principale obiettivo di un adattatore di un film, soprattutto per l’animazione e soprattutto per lo Studio Ghibli. Quanto all’uso pratico di o-hayou, sicuramente i giapponesi stessi lo relegano principalmente alla mattina e gli affidano un ambito semantico molto vasto, ma non c’è alcun dubbio che in realtà sia specificatamente un saluto fra persone che si conoscono e che stanno per cominciare qualcosa insieme, soprattutto lavorativamente come dici tu stesso. invece di cercare di diffondere la loro passione a chiunque incontrino. Nella versione italiana, questa ritmicità si perde: Cannarsi rinuncia all’omoritmia delle due parti e scrive una battuta lunga 12+9 sillabe, o 11+7 considerando la sinalefe, comunque asimmetrica. In giapponese la presenza degli ideogrammi ha come conseguenza che le stesse parole possono essere usate per indicare cose, posti o persone, rendendo necessari dei termini aggiuntivi per distinguerli; in italiano il fenomeno è molto più raro, perché la maggior parte di queste parole sono riconoscibili al volo: De Angelis è con tutta probabilità un cognome, Castel del Monte è con tutta probabilità un posto, eccetera. 兄さま Ani-sama “Fratello” Sommo fratello. (Shito est le surnom adopté par Gualtiero Cannarsi, conservateur de l'édition italienne). No, nient’affatto, lui gli fa dire «Perdono» e varianti, come accade con il sumanee (battuta 189 di Principessa Mononoke) o il suman de I sospiri del mio cuore. detta dal fratello alla sorella, ovvero in ambito familiare: quale espressione più familiare (certificata anche da dizionari ed enciclopedie) di “fare la pipì”? Gualtiero Cannarsi: è una storia forse buffa perché io non avevo pensato di fare questo lavoro. Meme Vio. Nonostante il suo nome sia abbinato automaticamente alle celeberrime censure subite da tante serie televisive, è stato ampiamente accertato che queste barbarie non erano sue complete responsabilità, in quanto il suo team consegnava gli anime completi alla rete che poi li sforbiciava, e che anzi la Valeri Manera è un’estimatrice dell’animazione giapponese. Inoltre, accanto al verbo mantenuto diventare, aggiunge arbitrariamente anche essere (non certo per rispettare i tempi del labiale, dato che in quel momento Marco sta mangiando e anzi il doppiatore Massimo Corvo deve correre per pronunciarla tutta), verbo che non era presente nella battuta originale per esplicita elisione di Miyazaki, e che allungando la battuta la fa sembrare molto più simile a una spiegazione o a una lezioncina morale che non a un motto secco, veloce e ritmato com’era in originale. Caro Enrico, grazie per il commento lungo e dettagliato. Per comodità, mi permetto di fare copia e incolla del paragrafo dell’articolo a cui faccio specificamente riferimento: [Quindi in realtà o-hayou gozaimasu letteralmente non vuol dire affatto “buongiorno” e non contiene nessuna parola di augurio, bensì vuol dire “è presto” con tono cortese, ed è così che lo usano i giapponesi, i quali non si scambiano il saluto o-hayou gozaimasu solo la mattina, ma bensì a qualunque ora del giorno e della notte la prima volta che si incontrano. È vero che ohayō gozaimasu viene usato anche in momenti della giornata che non sono la mattina, però presentarlo in questa maniera lo fa sembrare più connotato di quello che, secondo me, è. L’uso di questo saluto in momenti che non sono la mattina non è diffuso generalmente, ma è usato specificamente in certi contesti lavorativi, e nello specifico quelli in cui si tendono ad avere turni variabili che fanno perdere un po’ la concezione della giornata (come può essere fare il commesso in un konbini, o lavorare in fabbrica come nel caso citato di OUT), per cui a quel punto dire ohayō gozaimasu significa equiparare l’inizio della giornata con l’inizio del turno lavorativo, partendo dall’assunto che, ad esempio, se uno fa il turno di notte avrà dormito di giorno, e quindi per lui quella è mattina anche se oggettivamente non lo è; allo stesso tempo, si può dire che abbia anche una connotazione molto giapponese di rispetto e apprezzamento per l’impegno dell’altro (un po’ in parallelo al dire gokurōsama alla fine del turno). L'infection a contaminé 3 pour cent de la population et pour résoudre la crise créée NOA, une armée spéciale avec des ingrédients pour lesquels ont été greffés les nanomachines, qui devraient les protéger contre l'infection. Her attitude is reflected in her apartment, where hygiene is neglected. Ma se una persona chiede un favore, ricevendolo poi si scusa per l’incomodo arrecato, piuttosto che ringraziare. Perché, certo, un originale parla la sua lingua in forma e contenuto. Sempre per traslazione di senso, il suono shishi è stato poi adoperato anche come pronuncia non solo per gli animali di cui si mangia la carne, ma anche per gli animali mangiatori di carne, aggiungendolo come pronuncia aggiuntiva al già citato 獣 kemono, che infatti si legge anche shishi, e di conseguenza anche per il kemono per eccellenza, ovvero il leone, che in giapponese si chiama appunto 獅子 shishi, sempre per restare nell’ambito degli omofoni con plurimi significati. Si può essere in accordo o in disaccordo con certi punti che emergono dagli articoli di Mario; si può anche ribattere che alcuni esempi sono più argomentati o più in tema di altri (non è la mia opinione, ma faccio delle ipotesi). Si capisce forse che Kiki sta mandando affanculo la gente? Ennesima interpretazione personale. Lucca Comics & Games: una tre giorni dedicata a scuola e fumetti . La versione di Cannarsi si basa sulla corretta traduzione di Elisa Nardoni e rispetta quasi alla lettera la battuta originale, su questo non c’è dubbio. comment ... del perché SOLO Cannarsi utilizza questo metodo di traduzione e del fatto che se in tantissimi, fan vecchi e nuovi, non hanno apprezzato l'adattamento scelto un motivo ci sarà pure. E vale per l’animazione, per i fumetti, i videogiochi o anche per la musica metal (ma immagino anche altri generi). Kami non è “theós“. O-hayou gozaimasu è un saluto che si usa principalmente fra persone che si conoscono già o con cui si ha familiarità o con cui si sta per fare qualcosa insieme (compagni, colleghi, eccetera). Koko ni mo kodama ga iru no ka! Signature Scene: Anytime Unit 01 goes berserk. Quindi, per QUELLO “shishigami”, io ho pensato, riflettuto, e ritenuto che “DioBestia” fosse la cosa più giusta, più corretta, e sensata. Una traduzione o è massimamente fedele, o NON è una traduzione. In originale infatti Jirou usa la parola けち kechi, che è la versione molto popolare e molto diffusa di 守銭奴 shusendo, ovvero “avaro”: il vocabolario Treccani suggerisce come varianti “barbino”, “gretto”, “pidocchioso”, “spilorcio”, “taccagno”, “tirchio”, “tirato”, “avido”, “cupido”, “ingordo”, “moderato”, “parco”, “sobrio”, “arpagone”, ma non “micragnoso” poiché quest’ultima è una variante regionale, ovvero una parola di limitata diffusione geografica, il che la rende tre volte errata: kechi è diffuso a livello nazionale mentre “micragnoso” è regionale, kechi è la variante popolare più usata di shusendo mentre “micragnoso” non è sicuramente la variante più popolare di “avaro” (su Google “micragnoso” ha meno di 10’000 risultati contro i 220’000 di “tirchio”), e kechi è un parola breve, secca e nota anche ai bambini mentre “micragnoso” è lunga, non comune e spesso usata con connotazioni ironiche. Ano rajio choudai che è quanto di più quotidiano e semplice possa esistere. Se Cannarsi usasse semplicemente “scusa” per sumimasen non ne staremmo a parlare qua. 日本語での一般的な朝の挨拶。漢字では「お早う」「御早う」と表せる。 Dirò di più: Se ci fosse una serie di libri scritti dal nostro buon Mario che analizzi integralmente i copioni Ghibli giapponesi contro L’adattamento Cannarsiano non avrei nulla da ridire, anzi prenoterei l’intera collana . Il fatto poi che porti avanti una mendace retorica della fedeltà linguistica è francamente ingiusto nei confronti dei traduttori/adattatori professionisti che invece seguono logiche metodiche e cristalline, i quali sanno bene che qualche piccola concessione alla fedeltà grammaticale o lessicale è il prezzo da pagare necessario per ottenere la massima fedeltà linguistica. Perché produce una lingua “straniera tradotta”, non una lingua nativa. Quindi è un dio, è una bestia (non una bestia in particolare, è importante la genericità), ed è il dio delle bestie intese come fieri e violenti animali selvatici perché primitivi – c’è proprio tutta questa favola degli animali che “un tempo” erano giganteschi e senzienti, hai presente? Sì, ok, era il concetto base che mi interessava. Ma non si può certo dire che il lavoro da lui svolto non sia approfondito o non argomentato; non si tratta di offese buttate lì dal primo che passa, ma di qualcuno che sa di cosa sta parlando, ha riflettuto bene sull’argomento, fatto ricerche e speso tempo ed energie per stilare questi articoli. Interest. Per esempio, mi sembra del tutto strumentale la critica che fai alle diverse traduzioni di やる. Sono kami tutti gli youkai, compresi i kappa e i tengu e tutte le altre creazioni del folklore giapponese, perché il criterio dei kami non è nemmeno avere un qualche potere, è solo l’essere inspiegabile dall’intelletto umano (dalla scienza, diremmo). Le doublage italien a été réalisée par « Doublage Cast » sous la direction de Gualtiero Cannarsi. Sono sempre veramente onorato e lusingato di ricevere un feedback positivo dai conoscitori e studiosi di lingua giapponese. Per esempio: Nonostante ci siano delle specifiche da aggiungere (per esempio la forma in -masu può essere usata in specifici casi anche per esprimere il futuro e altri dettagli ancora), nel caso di o-hayou gozaimasu si tratta della più semplice applicazione possibile di questa desinenza, completamente priva di quella formalità che è invece espressa nella battuta italiana «Le auguro un buon giorno!», questa sì decisamente «sovraeducat[a]». Anche dire che “fra sconosciuti o civili si usano di solito altri termini” non è a mio avviso molto corretto. Avrà avuto il conte Mascetti come maestro alle elementari, sennò non si spiega. Quindi tanto basta, quindi va bene. Un esempio particolarmente chiaro. Il significato letterale di 皆さん、お召し上がれ Mina-san, o-meshiagare quindi è semplicemente “Mangiate tutti”, un imperativo ingentilito dall’onorifico o-. L’adattamento è però scorretto, in quanto la caratteristica base del fantasma è di essere inesistente, invece nel film Totoro esiste eccome, solo che è visibile esclusivamente ai bambini e in specifiche condizioni. Partiamo dal fatto che le ultime tre parole sono una traduzione parola-per-parola da 通りません toorimasen. La zia non sta nemmeno usando “signorino” in senso ironico, anzi sia nel doppiaggio originale sia in quello italiano usa un tono greve per spiegare la drammatica situazione in cui si trovano. In particolare, 目 me è più generico e 眼 gan è più specifico, persino medico, e ha lo stesso ideogramma (con pronuncia diversa) che poi userà Ashitaka in Principessa Mononoke quando pronuncerà la sua famosa battuta くもりのない眼 Kumori no nai manako «Pupille non offuscate», che alla lettera sarebbe stata “Pupille non rannuvolate” (una battuta bizzarra, che infatti fa scoppiare a ridere Eboshi). Eccole in originale: – おはようございます! O-hayou gozaimasu! Il suo uso non si limita semplicemente a un saluto scambiato con qualcuno che si è incontrato al mattino, ma può anche essere il primo saluto appena svegli, e IN AMBITO LAVORATIVO può essere usato indipendentemente dal momento della giornata. No, non lo è. Ai problemi di metodo si aggiungono quelli del medium per il quale Cannarsi lavora: il Cinema. In italiano, l’uso del sostantivo “fratello” fra consanguinei invece del nome proprio indica già di per sé una distanza formale, ancor più esplicita in caso di non consanguineità. 4. Francamente io non conoscevo la parola, ma non mi sembra una di quelle cose impossibili da conoscere. Una persona? Ne ho approfitto per farti i complimenti e dire che apprezzo il lavoro che stai facendo con questi articoli, e ora tornerò a leggere questo lì dove l’avevo interrotto. Scusa, ma la fonte che citi dice qualcosa di ben diverso. Credo comunque che gli adulti abituati ai cartoni americani, facciano fatica ad apprezzare i cartoni giapponesi poiché questi ultimi danno molta più importanza alla qualità delle sceneggiature piuttosto che dei disegni: in altre parole, per coloro che sono abituati al linguaggio dei cartoni americani credo sia difficile comprendere il fascino delle serie nipponiche. *fonte: la mia laurea magistrale il lingua giapponese e i miei amici giapponesi じいじもそう言うの Jiiji mo sou iu no “Anche il vecchietto dice così” Anche il nonnetto dice così. Nel caso generico, quindi, “signore” è più che sufficiente, e nelle traduzioni in inglese i giapponesi stessi traducono -sama come “Mr.” o addirittura “Dear”, perché appunto è solo il primissimo livello di formalità, quello con gli sconosciuti semplici, non con i potenti. Il fatto che Hayao Miyazaki sia partito dall’ideogramma di “cervo” è certamente significativo, ma non vincolante: come giustamente nota anche Cannarsi, nonostante lo shishigami abbia avuto nel nome l’ideogramma di “cervo” e sia più o meno a forma di cervo, la parola shishi va intesa come metafora degli animali e non come il solo cervo, e infatti lui stesso non adatta il termine come “dio cervo”, bensì come “dio bestia”. Scrivi: «È naturale che neanche Cannarsi possa arrivare a usare lo stesso verbo italiano per coprire tutta questa gamma di significati [di yaru». ; ma anche tutta Toki). 17. È una questione di polveroso bon-ton per vecchiette in kimono ormai superato dal 99% della popolazione che ormai non distingue fra i due saluti? Quindi, come si fa a capire che se parliamo di progettazione aeronautica si tratta specificamente di un “longherone”, termine che la persona comune (come me) non ha forse mai sentito? Attenzione: l’articolo si occupa del lavoro di adattamento svolto da Gualtiero Cannarsi per la società di produzione e distribuzione cinematografica Lucky Red. Peccato che poi non sia così nella realtà. Naturalmente Cannarsi potrebbe aver seguito un qualunque altro criterio rispetto a quello illustrato, ma questo è irrilevante perché il punto non è valutare se questo adattamento è corretto o scorretto: il punto è che quello usato da Cannarsi, qualunque esso sia, è UN criterio, e non IL criterio, il che de-oggettivizza completamente il suo lavoro. Su questa linea, sinceramente, mi sono trovato più volte d’accordo con lui, almeno quando la traduzione non suona troppo straniante per il lettore o l’ascoltatore finale. Per fare un parallelismo con l’italiano sulla “obbligatorietà” dello yobisute, è come quando si scrive una lettera formale e si mettono “Egregio” e “Distinti saluti” o ci si rivolge a un insegnante dando del lei: sono consuetudini, non regole grammaticali, ma in quei contesti sono d’obbligatorio. E’ un problema della traduzione del film? Non lo è mai stata e non avrebbe senso che lo fosse. Neon Genesis Evangelion torna su Netflix con un nuovo doppiaggio italiano: dopo lo scandalo che aveva fatto infuriare i fan dell’anime cult del 1995, la serie torna nel catalogo con un nuovo adattamento rivisto e corretto senza il contributo del direttore Gualtiero Cannarsi.. Com’è il nuovo doppiaggio di Evangelion su Netflix? La Valeri Manera si trovava quindi nell’ambigua posizione di essere al contempo amante e carnefice degli anime: li comprava perché piacevano a lei per prima, ma pur di passarli in TV doveva modificarli con delle precise regole di adattamento senso-per-senso fortemente irrispettose dell’originale. Ho seguito con attenzione questa serie di articoli fin dalla prima parte, e ci tenevo a farti i complimenti per la professionalità con cui stai affrontando l’argomento; alcuni punti sono più convincenti di altri, ma non sei mai ricaduto su argomentazioni banali (come sarebbe facile fare, con Cannarsi), e hai sempre tenuto viva la discussione, rispondendo il piu esaurientamente possibile a tutti i commenti. Arturo: Senti, Marco… rientra in aeronautica! Una costruzione sintattica da infarto. Dichiara Cannarsi parlando del suo metodo di lavoro: l’oggettività è oggettività, ed è la correttezza italiana (oggettiva) e l’aderenza all’originale (oggettiva). Ecco quindi che, come attestano tutti i maggiori dizionari, 爺 jii per gli uomini e 婆 baa per le donne significano: 1) persona anziana 2) nonno/a 3) rappresentante anziano di una comunità; nel caso di jii c’è l’ulteriore significato 4) padre, nel caso di baa ci sono gli ulteriori significati 4) balia 5) danzatrice, a ennesima conferma che si tratta di parole nate in società piccolissime in cui c’era obbligo di collaborazione vicendevole. Così accade a tantissime parole e battute nel film, elevate di livello fino a far scomparire le volontarie differenze linguistiche, di cui le battute 183 e 189 sono solo due fra i molti esempi. Certo, nel linguaggio quotidiano “fare” può essere usato anche per attività distruttive oltre che costruttive, ad esempio appunto “fare colazione” (senza l’articolo, con l’articolo diventa “fare la colazione” ovvero di nuovo “preparare la colazione”), in questo caso però l’uso dell’onorifico o- e del verbo in sonkeigo meshiagaru chiarificano oltre ogni ragionevole dubbio che la signora sta esprimendosi in maniera squisitamente elegante e appropriata. A gruppi di parole. Ah bene, quindi stava mentendo anche su quello, e io che continuo a considerarlo in buona fede. Coloro che sono interessati a commentare l’articolo sono gentilmente invitati a farlo qui sulla pagina di Dimensione Fumetto e non su social o forum esterni, così da poter istituire un dialogo costruttivo: lo scopo dell’articolo non è e non vuole essere un’aggressione né all’operato né tantomeno alla persona di Cannarsi, ma un tentativo di ragionamento informato sul lavoro svolto. Esattamente come ne La collina dei papaveri, anche in Kiki – Consegne a domicilio l’espressione o-hayou gozaimasu è usata in una scena mattutina e quindi adattarla come “le auguro un buon giorno” non sembra fuori luogo, ma il punto è che o-hayou gozaimasu non è affatto «buongiorno» e soprattutto Kiki non «sta salutando la gente in modo sovraeducato, molto cortese, tanto che i cittadini “normali” straniscono»: i cittadini “normali” straniscono perché Kiki è una sconosciuta che rivolge loro il saluto che si usa prima di iniziare a fare qualcosa insieme, la «sovraeducazione» e tantomeno la «modernità urbana» non c’entrano assolutamente niente. La spiegazione di Cannarsi è molto interessante e, al netto di alcuni errori (come il suo solito “favola” al posto di “fiaba”, che non sono né la stessa cosa né sinonimi), offre alcuni spunti di discussione. Esulando dagli scopi di questo articolo l’analisi battuta per battuta dell’intero film, elencheremo di seguito una serie di esempi particolarmente rappresentativi indicandone rispettivamente, nell’ordine: testo giapponese, traslitterazione in caratteri latini in corsivo, adattamento parola-per-parola “fra virgolette”, adattamento di Cannarsi in grassetto e spiegazione. édition italienne de l'anime a été basé sur la chanson thème originale japonaise. Meme tripoli. Sì, io non disdegno mai il confronto. Come lo sono la sussistenza di molti registri linguistici impiegati nelle variazioni diafasiche, sicuramente molto maggiori dei nostri. Ovviamente, la mia è solo una piccola interpretazione personale e del tutto opinabile, visto il diverso rapporto che abbiamo in Italia – e in Occidente in generale – con “ciò che la ragione non comprende ed il cuore si spaura”. Quanto a “fate il vostro pasto”, l’espressione non ha alcun senso poiché i personaggi quella colazione la mangiano, non la preparano, e “fate il vostro pasto” significa appunto “preparate il vostro pasto”. Alla fine del film Seita dichiara: 節子はそのまま眼をさまさなかった Setsuko wa sono mama gan wo samasanakatta, adattata in italiano come «Setsuko non avrebbe mai più schiuso gli occhi». Il punto è che, per come viene presentata la frase in “La Principessa Mononoke”, a me sembrava chiaro che si intendesse che il tono del dialogo era piuttosto duro, ma se proprio si fosse voluta usare una parola semi-offensiva, si sarebbe potuto optare per “cariatide”, che avrebbe avuto anche più richiami verso il presunto tabellone, dico male? Ma non è sufficiente usare un buon dizionario, o magari più d’uno? Tuttora l’accezione più comune di dan’na è appunto “marito”. A me personalmente non è mai capitato, l’unica occasione mi pare sia stata una ragazza molto assonnata che mi ha rivolto un おはよう verso mezzogiorno, ma rendendosi conto dell’orario si è poi corretta da sola. In realtà la traduzione letterale non solo esiste, ma è anche quella più filosoficamente vicina al metodo illustrato da Cannarsi stesso, e comunque è uno dei diversi approcci nel famoso spettro delle possibilità elaborato da Friedrich Schleiermacher che va da un estremo che è la traduzione parola-per-parola all’altro estremo che è la traduzione senso-per-senso. “Non mi va di rispondere” o “non ne ho il tempo”, senza offendere immotivatamente il lavoro dell’autore, sarebbero state giustificazioni più… dignitose. Voi non procurate neanche un briciolo di riso, ma dite che vorreste mangiarne: non va mica bene! Persone Tornabene. Qualunque pur giustificatissimo motivo ci sia stato, siamo all’ennesimo episodio di mancanza di rispetto per la coerenza interna della sceneggiatura. O, date le specifiche caratteristiche del copione, è stato «corretto» inventare ex novo giochi di parole in sostituzione di altrettanti che erano nella versione originale? Queste tre battute apparentemente innocenti presentano gravi problemi a livello linguistico e culturale, sia di per sé sia messe a confronto con altri film adattati da Cannarsi. (sentitevi liberi di non pubblicare questo post) Anche qui ci sono i kodama! Beh, veramente sì, perché né “dio” né “bestia” illustrano correttamente i significati giapponesi di kami e shishi, dandone una visione del tutto errata e del tutto soggettiva per il primo termine e solo parziale e solo soggettiva per il secondo poiché, riassumendo, shishi rappresenta il concetto di “selvaggina” in senso ampio, e kami quello di “inspiegabilità” in senso ancora più ampio. Fart Souls 3. Spiega Cannarsi: Diverso discorso per i poveracci alla fornace, che spesso usano anche termini e costruzioni realmente gergali, come pure spiegavo, e che sono state MANTENUTE gergali. Ecco quindi che, ad esempio, la caucus race (parodia di un meeting politico in cui non si arriva da nessuna parte) diventa la maratonda perché visivamente si corre e visivamente è tonda (e forse anche perché è assonante con “mare”). 162. Sono kami Kitarou dei cimiteri, il padre-occhio e la ragazza-gatto e qualunque creatura a metà fra il mondo degli uomini e quello dei morti. Ora, come rendere con due parole diverse “occhio”, che non è un aggettivo o un verbo sostituibile, ma un sostantivo con pochissimi o nessun sinonimo (se non tecnici)? È impressionante che la donna più odiata dagli animefan italiani dicesse questo già nel 1993. Non sono scomparsi tutti gli animali? Ma ancora, non è niente di intenzionale. The Evas are not robots! Quindi, di nuovo quello “shishi”. Per me il discorso riportato all’inizio dell’articolo è folle ed è il centro di tutto il disprezzo che provo per il suo lavoro… Non usa quindi né la scrittura a ideogrammi 獣 kemono che indica i mammiferi a quattro zampe, né l’omofono 毛物 kemono che invece letteralmente vuol dire “cosa pelosa” e che identifica tutti i mammiferi specificatamente pelosi (quindi non le balene, per esempio). Ovviamente se una battuta è fatta apposta per non essere immediatamente comprensibile, questa caratteristica dev’essere comunque recepita dallo spettatore nel tempo della fruizione. -San invece comunica solo che si sta parlando di un essere umano e non di un luogo o una cosa. Con gli sconosciuti o fra civili si usano di solito altri termini, come ad esempio こんにちわ kon’nichiwa, che vuol dire “È (iniziato) questo giorno” ed è il vero e proprio “buongiorno” dei giapponesi.]. Per prima cosa, come abbiamo anticipato nel paragrafo su La tomba delle lucciole, -sama non vuol dire “sommo”: letteralmente vuol dire “forma” ed è un suffisso onorifico che stavolta si traduce perché non è un generico indicatore di esseri umani, bensì specifica il primissimo e più semplice livello di formalità. Questa cosa, semplicemente, non serve. Sono io che scelgo che l’oggettivo prevalga sul soggettivo, sì. Scusa, ma su o-hayou stiamo dicendo esattamente la stessa identica cosa.
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